Bonus Prima Casa Under 36: prorogato anche per il 2024, ma a specifiche condizioni

Bonus Prima Casa Under 36 2024

Parte del Decreto Sostegni Bis elaborato dal governo Draghi per rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia, il Bonus Prima Casa Under 36 è nato con l’obiettivo di invogliare i più giovani ad acquistare il loro primo immobile, garantendo un accesso agevolato ai mutui. Negli anni successivi, gli aiuti previsti hanno dato una grande spinta al mercato immobiliare e tutto ciò ha portato a continue proroghe e conferme fino al 2023. Da gennaio, tuttavia, le sovvenzioni previste sono state in parte annullate, fatta eccezione per specifiche condizioni.

Vediamo allora chi può ancora oggi approfittare degli incentivi e cosa spetta a chi, invece, si è mosso in ritardo.

In che cosa consisteva il Bonus Prima Casa Under 36

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel mese di maggio 2021, il Bonus Prima Casa Under 36 prevedeva un allargamento delle garanzie statali a specifiche categorie di persone con scarse possibilità di accesso al credito. Più nello specifico, i soggetti coinvolti nella manovra erano i giovani di età inferiore ai 36 anni, con un ISEE di massimo 40mila euro, intenzionati a richiedere un finanziamento per l’acquisto della prima casa tale da coprire più dell’80% del valore dell’appartamento.

Prima della pubblicazione del decreto, infatti, il Fondo di Garanzia Mutui Prima Casa stabiliva una copertura massima del 50% della cifra richiesta alle banche attraverso delle garanzie statali. Con il nuovo incentivo, invece, i più giovani potevano essere coperti dallo Stato per un valore pari all’80% dell’importo, godendo così della possibilità di ottenere più facilmente il capitale da investire. Non solo: l’acquirente veniva anche esentato da alcune spese, tra cui le imposte di registro, ipotecaria e catastale e, in caso di acquisto soggetto a IVA, era riconosciuto un credito d’imposta pari all’imposta applicata sul prezzo di vendita.

Secondo le disposizioni, inoltre, per accedere al Bonus Prima Casa Under 36 era necessario non essere titolari dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di un’altra casa nel territorio, non aver acquistato un altro immobile attraverso la stessa agevolazione e avere la propria residenza nel Comune sede dell’abitazione. Le stesse condizioni previste per gli under 36, infine, potevano essere estese anche ai genitori single con figli minori conviventi, alle giovani coppie coniugate o conviventi e ai conduttori di case popolari.

Bonus Prima Casa Under 36: le condizioni per approfittarne nel 2024

Come anticipato, il Bonus Prima Casa Under 36 elaborato dal governo Draghi è stato confermato anche negli anni successivi al 2021. Nel 2024, invece, la proroga è stata solo parziale. In particolare, potranno accedere all’agevolazione fino al 31 dicembre 2024 tutti i soggetti che hanno già registrato il preliminare entro il 31 dicembre 2023. A partire dal 1 gennaio dell’anno successivo, al contrario, gli incentivi non sono più applicabili.

La decisione, tuttavia, è entrata in vigore attraverso il decreto Milleproroghe, convertito in legge solo il 29 febbraio 2024. Questo ritardo ha quindi generato dei fraintendimenti, per i quali è stato necessario formulare ulteriori manovre che, seppur non così vantaggiose come il bonus del 2021, restano comunque un’ottima occasione di risparmio.

Se gli atti definitivi di compravendita sono stati stipulati tra il 1 gennaio 2024 e la data di entrata in vigore della legge, i titolari dei documenti si vedono riconosciuto un credito d’imposta di importo pari alle tasse pagate in eccesso e utilizzabile nel successivo 2025. Per beneficiarne, è necessario rendere al notaio un’apposita dichiarazione attraverso un atto integrativo che espliciti la propria volontà di avvalersi dei benefici e certifichi la presenza dei requisiti elencati. Tale atto, infine, potrà essere stipulato anche dopo il 31 dicembre 2024, a patto che la notifica arrivi entro il termine di utilizzo del credito d’imposta concesso.

Case Green: cosa cambierà nel settore immobiliare italiano con la nuova Direttiva Europea?

Case Green cosa cambierà nel settore immobiliare italiano con la nuova Direttiva Europea

La recente pubblicazione della Direttiva Europea sulle Case Green nella Gazzetta Ufficiale UE ha acceso i riflettori sul futuro del settore immobiliare italiano. Entrata in vigore il 27 maggio 2024, questa nuova normativa impone a tutti gli Stati membri di adottare delle strategie per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere così l’obiettivo di un parco immobiliare a impatto zero entro il 2050. Il testo fissa inoltre dei traguardi a breve termine, che ogni Paese dovrà rispettare elaborando un proprio Piano Nazionale di Ristrutturazione.

Gli obiettivi della Direttiva Europea sulle Case Green

Inserita nel più ampio progetto continentale per la transizione energetica denominato Green Deal, la Direttiva Europea sulle Case Green impone a ogni Stato membro di ridurre progressivamente il consumo medio di energia degli edifici residenziali.

Per le costruzioni già esistenti, il primo termine è fissato al 2030, anno in cui le emissioni dovranno essere inferiori a quelle attuali del 16%. Questo valore percentuale dovrà poi scendere al 20% entro il 2035. Per quanto riguarda le nuove costruzioni, invece, tutti gli edifici di proprietà pubblica dovranno essere a impatto zero a partire dal 1 gennaio 2028, mentre dal 1 gennaio 2030 questo obbligo verrà esteso anche agli edifici privati.

Come sempre, tutti i Paesi avranno carta bianca e dovranno programmare le specifiche misure da adottare per attenersi a quanto richiesto. In particolare, il Piano Nazionale di Ristrutturazione dovrà essere approvato entro il 2026 e le tempistiche di ogni operazione verranno poi sottoposte a controlli periodici ogni 5 anni.

L’impatto della Direttiva Europea sulle Case Green in Italia

Compresi gli obiettivi della Direttiva Europea sulle Case Green, è importante capire quale impatto avrà questa nuova normativa sull’Italia.

Le stime indicano che nel Belpaese potrebbero essere coinvolti fino a 4 milioni di edifici, con costi di adeguamento che variano tra i 35 e i 65mila euro ad abitazione. Dall’operazione saranno esclusi gli edifici storici, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno e gli immobili sotto i 50 metri quadrati di superficie. L’intera manovra richiederà comunque una spesa ingente e ad oggi non si conoscono i finanziamenti previsti dall’Unione Europea per coprire, almeno in parte, la somma totale.

Inizialmente, la Commissione aveva elaborato una previsione di fondi da destinare ai singoli Paesi, valutando l’effettivo impatto che la direttiva avrebbe avuto a livello nazionale su ogni Stato membro. Dopo le modifiche apportate dal Parlamento al testo originario, però, resta da capire se le ipotesi iniziali verranno confermate o modificate. Con ogni probabilità questo compito spetterà alla prossima Commissione Europea che si metterà al lavoro in autunno dopo le elezioni di inizio giugno.

Ad oggi ci si può quindi concentrare solo sugli effetti positivi che l’efficientamento energetico e la conseguente riduzione delle emissioni degli edifici avranno sull’ambiente, messo in crisi dalla poco accorta gestione delle attività umane degli ultimi decenni. Con la speranza, però, che sia l’Europa, sia l’Italia riescano a sviluppare delle strategie capaci di rendere la transizione verso un parco immobiliare più sostenibile il meno gravosa possibile sulle tasche delle famiglie italiane.

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